Fobie. Cosa sono

Il pensiero di Freud sulle fobie

il pensiero di freud sulle fobie
Scritto da Adriano Legacci

Il pensiero di Freud sulle fobie. Le fobie in psicoanalisi

Il pensiero di Freud sulle fobie. La fobia costituisce un “costrutto” psichico per certi versi ancora misterioso- come sosteneva Freud – la cui sistemazione meta psicologica appare difficile e dà tuttora luogo a controversie.

Le difficoltà  non riguardano tanto il riconoscimento clinico di una fobia, quanto la costruzione di una teoria o una eziopatogenesi coerente.

Dal punto di vista della prassi terapeutica psicoanalitica Freud annota che può rivelarsi privo di utilità – e in alcuni casi perfino pericoloso –  tentare di annullare una reazione fobica senza conoscerne il significato inconscio – il valore di messaggio – di una specifica fobia. La perdita della funzione protettiva del sintomo lascerebbe la persona senza difese e quindi esposta all’angoscia e al panico. Oppure la metterebbe nella condizione di sostituire il precedente oggetto fobico con uno sostitutivo.

Il pensiero di Freud sulle fobie (Ossessioni e Fobie, 1894b) distingue inizialmente due gruppi di fobie:

  • quelle “comuni”, che esagerano le paure abituali (ad esempio quelle della notte, della solitudine, della morte …)
  • quelle “contingenti”, non abituali (ad esempio la claustrofobia), “paura di condizioni speciali che non ispirano alcun timore all’uomo sano” (p.145), nelle quali subentrano meccanismi più complessi.

Freud ritorna ad occuparsi di fobie nel 1908, con il caso del piccolo Hans, e qualche anno dopo, nel 1914, con quello dell’uomo dei lupi.

Il pensiero di Freud sulle fobie. Il caso del piccolo Hans

Hans è un bambino di cinque anni. Non  esce di casa perché:

  • ha paura di essere assalito e morso da un cavallo
  • teme che il cavallo, durante l’aggressione, possa cadere,  ferirsi o morire.

Il bambino viene sottoposto ad analisi dal padre stesso (Max Graf, uno dei primi allievi di Freud)  sotto la guida di Freud. Il percorso analitico pone in evidenza forti sentimenti di rivalità edipica del bambino nei confronti del padre. Il conflitto tra l’amore per il padre e il desiderio di “sconfiggerlo nella lotta” genera nel piccolo Hans le condizioni inconsce che attivano lo stato fobico: il moto pulsionale rimosso che provoca l’angoscia si rivela dunque essere l’ostilità verso la figura paterna che viene sostituita e simbolizzata dall’animale-cavallo.

Il pensiero di Freud sulle fobie. Considerazioni aggiuntive

Il pensiero di Freud sulle fobie include la considerazione che le fobie non debbano essere considerate un processo patologico indipendente quanto piuttosto  “sindromi” facenti parte delle più svariate forme di nevrosi. Nasce così la descrizione fobica nell’ambito delle nevrosi d’angoscia, denominata “isteria d’angoscia”. Freud riconosce un meccanismo di organizzazione sintomatico dell’angoscia simile a quello dell’isteria.
L’ambiente circostante l’oggetto fobico è, nella sua interezza, particolarmente atto a suscitare angoscia – definita in seguito come “segnale” (Freud, 1915-1917, p. 547) che funge da avvertimento del pericolo. Essa si produce anche in assenza dell’oggetto fobico, suscitando di conseguenza manovre precauzionali, in grado di tutelare il soggetto fobico dalle percezioni, ma non dalle eccitazioni pulsionali.

Nel 1925 in “Inibizione, sintomo e angoscia” il pensiero di Freud sulle fobie viene riformulato nella distinzione fra angoscia reale (o realistica) e angoscia nevrotica.

“Il pericolo reale è un pericolo che conosciamo, l’angoscia reale è angoscia di fronte a questo pericolo. L’angoscia nevrotica è angoscia di fronte a un pericolo che non conosciamo” (p.311).

Questa distinzione diede luogo alla nozione di “angoscia come segnale”.

Dall’angoscia come segnale può scaturire la gestione della situazione fobica, attraverso la fuga o la conciliazione difensiva da parte dell’Io.
L’angoscia nevrotica può seguire tre strade:

  1. rimanere come angoscia libera e dar luogo a uno stato di “aspettativa angosciosa” (nevrosi d’angoscia)
  2. legarsi a certi contenuti rappresentativi
  3. dare luogo a gravi nevrosi come l’isteria, in cui non appare la relazione con una causa esterna.

Il pensiero di Freud sulle fobie include la considerazione che nell’Io risiede l’angoscia, sia a livello produttivo (angoscia come segnale) sia a livello esperienziale.

“E invero non sapremo che senso avrebbe parlare di “un angoscia dell’Es” o attribuire al Super-Io la facoltà di impaurirsi. Per contro abbiamo accolto come auspicata corrispondenza che le tre principali forme di angoscia- l’angoscia reale, l’angoscia nevrotica e quella morale- possano essere messe in relazione senza sforzo con le tre forme di dipendenza dell’Io: dal mondo esterno, dall’Es e dal Super-io” (p.195).

A questo punto Freud sostiene che non è più la rimozione che provoca l’angoscia (intesa come angoscia di castrazione): sarebbe piuttosto l’angoscia a provocare la rimozione (l’angoscia come segnale che nasce dal conflitto interno all’Io).

Sull'Autore

Adriano Legacci

Già direttore dell'equipe di psicologia clinica presso il poliambulatorio Carl Rogers e l'Associazione Puntosalute, San Donà di Piave, Venezia.
Attualmente Direttore Pagine Blu degli Psicoterapeuti.
Opera privatamente a Padova e a San Donà di Piave.
Psicoterapia individuale e di coppia.
Ansia, depressione, attacchi di panico, fobie, disordini alimentari, disturbi della sfera sessuale.
Training e supervisione per specializzandi in psicoterapia

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